La moralità della Resistenza: l’esperienza del partigiano Bosco - Incontro di studio

Benevento

6 dicembre 2013 - Convegni

La moralità della Resistenza

Nell’ambito delle manifestazioni per i settant’anni della Resistenza italiana al nazifascismo l’Archivio di Stato di Benevento - riferendosi anche alla convenzione tra l’ANPI e la Direzione Generale per gli Archivi - ha promosso e organizzato per il 6 dicembre un incontro di studio su La moralità della Resistenza.

L’occasione è offerta dalla pubblicazione della preziosa documentazione del partigiano Bosco, dallo stesso affidata all’Associazione Terre dei Gambacorta-ONLUS, che ne ha curato un apposito “Quaderno” con prefazione di Maurizio Viroli. In questa documentazione il partigiano Bosco, un ventenne sannita nato nel 1923 e morto nel 2011, con stringato rigore ha annotato la sua originale, e finora ignota, esperienza di ribelle in Val Trebbia nel 1944, agli ordini del mitico comandante Bisagno, “primo partigiano d’Italia”.
L’Archivio promuove questa riflessione con studiosi e scuole partendo da questa esperienza per sottolineare, in particolare, la complessità, la vitalità e l’attualità della Resistenza, anche o innanzitutto in quanto scelta soggettiva e libera decisione morale, prima che ideologica o partitica.

Anche da questa esperienza di un giovanissimo partigiano del Mezzogiorno contadino emerge che la maggior parte di quella generazione ribelle, in particolare del 1923, e dei 600.000 giovani internati in Germania, pur cresciuti nel mito della bella patria fascista e del duce-provvidenza, nella drammatica condizione di guerra civile, creatasi dopo l’8 settembre 1943, non ebbero dubbi da quale parte stare: dalla parte della coscienza di uomini che si rifiutano di combattere contro i propri fratelli e, semplicemente in nome della libertà e della responsabilità morale, scelgono la fucilazione, la deportazione, o di salire in montagna.

Bosco è figlio di un contadino fascista e centurione di Cristo: grazie al suo parroco già a sedici anni ha letto Dante e Manzoni e, con zelo assoluto di adolescente, dal 1936 al 1939 svolge il ruolo di istruttore fascista della gioventù italiana del littorio di Dugenta. La successiva, opposta esperienza di partigiano, che ha vissuto e documentato, ci rivela, specialmente nella “lettera-testamento” A voi tutti di famiglia, tutta la sofferenza, ma anche il coraggio e la forza interiore, necessari per maturare quella rivoluzione-conversione interiore e civile che segnò la vita di tanti – ma non moltissimi - italiani. Rivoluzione morale, prima che ideologica o partitica.

Scritta il 24 aprile del 1944 - il giorno prima della sentenza del tribunale fascista repubblichino, che lo avrebbe condannato alla fucilazione per diserzione, e della sua salita in montagna per raggiungere i ribelli - quella lettera-testamento, insieme a tutta la documentazione, esprime una delle anime della Resistenza: è, quindi, parte di quel patrimonio etico-civile, costruito da tanti giovani, sul quale si sedimenta e si regge la storia morale della nazione. Finché se ne conserverà e se ne coltiverà la memoria.

Essa è, perciò, documento originale della letteratura nazionale della Resistenza.

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